Dai docenti Liceo scientifico ‘A. Gramsci’ di Ivrea, riunitisi lunedì 10 novembre 2014 in assemblea
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- Written by: FLC CGIL TORINO
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DALLA SCUOLA PER LA SCUOLA: un documento sul progetto ministeriale del CLIL (Contents and Language Integrated Learning) e per la scuola.
Riceviamo e pubblichiamo.
"12. La china e lo scopo della scuola. – La questione del CLIL serva dunque non solo a confrontarci con altre realtà scolastiche, ma anche per tentare di mettere bene in chiaro la china anti-democratica e per certi versi anche anti-costituzionale che l’Italia, specie sotto la spinta della crisi, e nonostante il semestre europeo, sta assecondando. A ragione Marco Revelli parla addirittura di cancellazione del lavoro come soggetto storico e politico (art. 1 della Costituzione). La scuola, dunque, come laboratorio privilegiato in cui e da cui poter osservare quella china, sostenendo la quale, prima o poi, approcci didattici come ad es. l’e-learning (prevedeva già J.-F. Lyotard negli anni ’70) renderanno facoltativa sia la frequenza dei discenti sia la docenza degli insegnanti. Nonostante il lungo torpore, e in mancanza di quella degli studenti, non c’è però altra coscienza della e nella scuola che quella dei docenti."
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DOCUMENTO
DALLA SCUOLA PER LA SCUOLA
I docenti del liceo scientifico ‘A. Gramsci’ di Ivrea, riunitisi lunedì 10 novembre 2014 in assemblea spontanea per discutere del progetto ministeriale del CLIL (Contents and Language Integrated Learning), sono giunti alla conclusione che tale iniziativa didattica, pur restando in sé, sul piano intenzionale, stimolante per il docente e un valore aggiunto per il discente, tuttavia per la maniera assolutamente approssimativa in cui è stata proposta, non può trovare una seria, adeguata e dignitosa attuazione pratica per i seguenti motivi:
1. Tempistica. – La combinazione dei nuovi contenuti didattici della riforma 2010 che arrivano quest’anno (2014-2015) per la prima volta alle classi quinte dei licei, con il rallentamento che sicuramente causerà l’introduzione del CLIL per alcuni dei contenuti disciplinari, è destinata a produrre effetti negativi sul conseguimento dei livelli di apprendimento attesi.
Ad esempio, se in ogni classe quinta si propone una dnl, una disciplina non linguistica diversa, anche la preparazione degli allievi per la maturità risulterà eterogenea. Se poi, com’è facile attendersi, si dovranno proporre unità CLIL per tutti gli anni di corso, allora si renderà necessario cambiare le dnl coinvolte. Si prevede pertanto ogni anno un CLIL di una materia diversa per allievi che già stentano con la lingua italiana. Ciò comporterebbe un ulteriore avvicendamento dei docenti, da una sezione all’altra, da un indirizzo all’altro. Ma tanto si sa, malgrado i numerosi e retorici richiami ad essa, la continuità didattica, dalla riforma Moratti in poi, è diventata un lusso. E gli studenti di origine straniera, non verranno così ulteriormente penalizzati?
2. Modalità. – L’accettazione, forse frettolosa, di compiti di didattica CLIL da parte di docenti sprovvisti dei requisiti linguistici minimi potrebbe rivelare problemi inattesi e indesiderati in fase esecutiva, con l’effetto di un complessivo discredito dell’iniziativa CLIL stessa.
Un discredito che, stando così le cose, finirà ben presto e inevitabilmente col tradursi in ulteriore mancanza di riguardo da parte degli studenti verso quei docenti che hanno accettato di svolgere le lezioni in lingua pur non avendone le competenze adeguate.
3. Proposte. – In ragione di queste considerazioni, si dovrebbe circoscrivere la didattica CLIL a quelle classi dove sono già presenti le competenze linguistiche e metodologiche richieste, e utilizzare negli altri casi «una organizzazione didattica flessibile finalizzata a una migliore utilizzazione delle competenze professionali disponibili nell’istituto… videoconferenze o webinar con esperti nazionali o internazionali… didattica a classi aperte… il coinvolgimento di più classi o gruppi classe… lezioni condotte da docenti esperti…». (La fonte del testo virgolettato è la nota MIURAOODGOS prot. N. 4969 del 25 luglio).
Oppure si potrebbe restringere il CLIL a materie tecniche dove l’uso dell’inglese è dominante a livello internazionale.
4. Risorse. – Veri docenti di lingua inglese, formati allo scopo fin dagli studi universitari, nella scuola ci sono già e sarebbe sufficiente incrementarne l’incisività in termini di ore di lezione. Con la riforma Gelmini sono state invece paradossalmente ridotte le ore di inglese nei licei scientifici.
5. Tagli e riduzioni. – È d’altronde scandalosa la svalutazione della lingua nazionale nella didattica scolastica. Le ore di italiano sono state diminuite nel liceo classico, nel liceo scientifico con l’opzione delle scienze applicate, nel liceo delle scienze umane, nell’istituto tecnico economico e nell’istituto professionale. Come afferma l’Accademia della Crusca l’insegnamento della lingua nazionale, andrebbe invece rafforzato, perché la padronanza della lingua materna condiziona anche la qualità dell’apprendimento delle altre discipline, comprese quelle scientifiche e le stesse lingue straniere.
6. Velleitarismo. – L’incongruenza di questo provvedimento è fin troppo palese, dal momento che, senza la possibilità e la volontà di investire un solo euro nella proposta da parte del Governo, i risultati che in tal modo si otterranno non potranno che essere del tutto negativi. Il fare senza poter fare è un velleitarismo che non porta da nessuna parte. È un errore che gli Italiani hanno già commesso e che i docenti ora non vogliono ripetere.
7. Contenuti. – In assenza di una effettiva competenza i contenuti delle lezioni dei docenti di discipline non linguistiche risulteranno forse più oscuri e incomprensibili, ma sicuramente più semplici e banali di quanto possano essere se trasmessi nella madrelingua. Se poi si considera che tali discipline (ad es. la storia) hanno già subito una riduzione oraria, l'impoverimento generale dei contenuti che ne risulta sembra essere inevitabile e irrimediabile. Ciò, come si intuisce, va a detrimento della effettiva conoscenza degli argomenti e non contribuisce affatto né a stimolare la curiosità nei discenti né tanto meno a far sviluppare in essi una coscienza critica. Ma è forse proprio questo uno degli obiettivi che, con questa proposta assolutamente destrutturata e improvvisata, si vuole raggiungere, questo lo scopo latente delle più recenti riforme
8. Competenze. – Per quanto necessario e imprescindibile, un fatto illogico resta sempre illogico. Questa iniziativa didattica (CLIL) risulta infatti del tutto illogica e senza fondamento, perché nessuno dei docenti della disciplina non linguistica (dnl), costretti ad accettare questa assurda normativa, possiede le competenze linguistiche richieste per svolgere il 50% delle lezioni, né il livello B2 (livello intermedio superiore) né tanto meno il livello C1 (livello avanzato o di efficienza autonoma).
9. Illogicità sistemica. – Una serie indeterminabile di fatti urgenti, necessari e dovuti, ma che alla radice sono viziati dall’illogicità, alla fine generano un sistema illogico e fondamentalmente incoerente a cui gli individui, pur volendo, non possono più sottrarsi. Un sistema di valeurs mensongères lo definirebbe Simone Weil. E mai, come dinanzi a questo provvedimento avvertiamo sino in fondo la pesanteur di cui parlava la filosofa-operaia.
1o. Coerente incoerenza. – Provvedimento che è poi l’ultimo di innumerevoli altri: tutti coerentemente incoerenti, perché, sebbene vengano emanati col contagocce, spalmati lentamente, gradualmente, allo scopo di non rivelare troppo la loro sostanziale incoerenza, non riescono tuttavia a nascondere il senso perverso e l’innegabile ingiustizia che vi si annida.
Non c’è catarsi, non c’è immedesimazione nella condizione peggiore di altri, che possa dissolvere o giustificare quella irresponsabile incoerenza o che possa spacciarla per opportunità di miglioramento e di crescita.
11. Il disagio. – Questo provvedimento mostra ancora una volta impudicamente il disagio vissuto dalla scuola e da coloro che la abitano coscienziosamente; un disagio che è quello stesso che non da ora, ma tempo, da troppo tempo, vive l’intero Paese. È il disagio della democrazia, ove «i soggetti politici sono ridotti a spettatori della propria miseria» (Carlo Galli), ossia a cittadini di un Paese da sempre assoggettato al «Regno della Necessità» (Barbara Spinelli), a uomini e donne che si affidano alla biopolitica di un «governo di necessità» (Ezio Mauro). Un disagio della politica democratica esploso in tutta la sua drammaticità tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, allorché entrare nella nostra Istituzione, nella nostra Casa repubblicana e democratica cominciò ad essere vissuto come un entrare in un «supermarket dei diritti» (C. Galli).
12. La china e lo scopo della scuola. – La questione del CLIL serva dunque non solo a confrontarci con altre realtà scolastiche, ma anche per tentare di mettere bene in chiaro la china anti-democratica e per certi versi anche anti-costituzionale che l’Italia, specie sotto la spinta della crisi, e nonostante il semestre europeo, sta assecondando. A ragione Marco Revelli parla addirittura di cancellazione del lavoro come soggetto storico e politico (art. 1 della Costituzione). La scuola, dunque, come laboratorio privilegiato in cui e da cui poter osservare quella china, sostenendo la quale, prima o poi, approcci didattici come ad es. l’e-learning (prevedeva già J.-F. Lyotard negli anni ’70) renderanno facoltativa sia la frequenza dei discenti sia la docenza degli insegnanti.
Nonostante il lungo torpore, e in mancanza di quella degli studenti, non c’è però altra coscienza della e nella scuola che quella dei docenti.
Ivrea, 19 novembre 2014