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Si tratta di questo. Il timore è che l’ampia discussione in corso, che sta coinvolgendo tutte le categorie a vari livelli, sia rivolta a dare a tutti gli interessati l’impressione di essere coinvolti nel processo di riforma, sebbene, in realtà, le norme più rilevanti del nuovo Statuto siano già state definite e scritte da un gruppo ristretto (e nascosto), per essere tirate fuori dal cassetto al momento opportuno e fatte approvare con forzature e colpi di mano, complici anche la calura estiva e le ferie imminenti.
Le discussioni in Commissione statuto, le audizioni, il blog, la mole di documenti in circolazione provenienti da svariate fonti ecc. possono diventare un utile paravento adatto a celare le vere intenzioni. Serviranno a definire la cornice dello statuto, soprattutto per gli aspetti sui quali è più semplice trovare un accordo, ma, su alcuni temi ed aspetti cari a pochi soggetti che preferiscono non apparire, il Senato e il Consiglio di Amministrazione potrebbero essere indotti a deliberare in modo difforme rispetto agli orientamenti della Commissione statuto e di tutti coloro che stanno partecipando in vario modo alla definizione delle nuove regole.
Le modalità di costituzione della Commissione Statuto, con le quali sono state respinte le istanze che chiedevano una composizione a seguito di elezioni democratiche, potrebbero essere più di una semplice avvisaglia.
Le delibere proposte dal Rettore in Senato Accademico
Speriamo di essere smentiti dai fatti, tuttavia le proposte di delibera portate dal Rettore in Senato Accademico il 6 giugno 2011 sembrano andare nel senso indicato. Tali proposte riguardavano documenti presentati dal Rettore in Commissione Statuto sulla composizione del futuro Senato Accademico, ancora poco discussi e sui quali la Commissione non era ancora giunta a un orientamento definito.
In sintesi, ai senatori, colti di sorpresa, è stato chiesto di deliberare sui principi seguenti:
- Rappresentanza in Senato definita in base alle aree (l’altra ipotesi era l’inserimento in Senato di tutti i direttori dei nuovi dipartimenti);
- Definizione delle future Commissioni del Senato che preveda l’inserimento di componenti aggiuntivi non appartenenti al Senato stesso, tali da garantire una rappresentanza anche a categorie poco o per nulla rappresentate all’interno dell’organo.
- Definizione del numero di rappresentanti d’area in Senato, pari a 26 (docenti e ricercatori) sul numero massimo di 35 componenti, ripartiti secondo il documento presentato recentemente in commissione e sul quale in Senato non si è nemmeno discusso prima di votare.
Le prime due deliberazioni sono state approvate, mentre la terza, la più gravida di conseguenze negative, è stata fortunatamente respinta perché ritenuta prematura.
In effetti, fissare a 26 la componente docente in senato avrebbe come effetto quello di schiacciare o escludere le rappresentanze di altre componenti (è chiaro, contrariamente a quanto affermato dal Rettore, che i rappresentanti d’area non possano includere che docenti e ricercatori).
Occorre ricordare, in proposito, che il numero minimo di docenti fissato dalla L. 240/2011 è pari a 24. E’ possibile ampliarlo, riteniamo però che vi siano ottime ragioni per non farlo.
Chi ci rimetterebbe, infatti? La tabella seguente può aiutare a chiarirsi le idee:
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Senato attuale (ante L. n. 240/2011) |
Senato proposto dal Rettore |
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Componenti |
n. rappresentanti |
% |
n. rappresentanti |
% |
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(rettore incluso) |
29 + 1 |
71,4% |
26 + 1 |
77,2% |
+ 5,7% |
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Personale TA |
4 |
9,5% |
2 (o 3) |
5,7% (o 8,6%) |
-3,8% (o -1%) |
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Studenti |
8 |
19,1% |
6 (o 5) |
17,1% (o 14,3%) |
-1,9% (o-4,8%) |
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Precari (ricerca, didattica, TA) |
0 |
|
0 |
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- |
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TOTALI |
42 |
100,0% |
35 |
100,0% |
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Il passaggio da 42 a 35 Senatori comporta la riduzione di tutte le componenti, tuttavia appare evidente che, nella proposta del Rettore, il personale docente, già ampiamente maggioritario, rafforzerebbe ulteriormente la propria posizione in termini percentuali, a discapito delle altre categorie. Eppure, se si vuole continuare a ritenere che l’ateneo sia una comunità, tutte le categorie dovrebbero essere adeguatamente rappresentate.
I soggetti penalizzati sarebbero dunque:
- Il personale tecnico amministrativo
Il personale Tecnico e Amministrativo, allo stato attuale, è già fortemente sottorappresentato, se si valutano le consistenze numeriche:
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Consistenza al 31/12/2010 |
N. Rappresentanti SA - Composizione attuale |
N. Rappresentanti SA - Proposta del Rettore |
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Personale docente |
2.033 |
51,26% |
29 + Rettore |
71,43% |
26 + Rettore |
77,14% |
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Personale TA di ruolo |
1.933 |
48,74% |
4 |
9,52% |
2 (o 3) |
5,7% (o 8,6%) |
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3.966 |
100,0% |
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Come si vede, il personale TA è quasi la metà del personale strutturato dell’Ateneo, ma non raggiunge nemmeno il 10% dei rappresentanti in Senato e si vorrebbe ridurne ulteriormente la quota.
L’iniquità risulta tanto più evidente se si considera che la qualificazione e le competenze del personale TA sono aumentate notevolmente negli ultimi vent’anni; inoltre, esso è direttamente coinvolto nella ricerca, nella didattica e nell’attività assistenziale, gestisce l’attività amministrativa, i sistemi informativi, le biblioteche ecc., tutti elementi di fondamentale importanza per il buon funzionamento dell’ateneo. Occorrerebbe, infine, garantire una rappresentanza al personale a tempo determinato, finora escluso.
Crediamo che sia venuto il momento di riconoscere il giusto ruolo del Personale Tecnico Amministrativo. Se la legge Gelmini si rivela classista su questo e su altri punti, lasciando pochi margini di manovra, non è il caso che il Rettore si dimostri più “gelminiano” della Gelmini. Così, se si mantenesse a 24 il peso della componente docente (Rettore incluso), al personale Tecnico e Amministrativo potrebbe essere garantita almeno l’attuale numero di rappresentanti, pari a 4, che permarrebbe in ogni caso insufficiente. La riduzione a 3 o a 2 senatori sarebbe decisamente inaccettabile.
- I precari della ricerca e della didattica.
La L. 240/11, se da un lato vuole ridurre le figure che possono avere accesso alle attività di ricerca e di didattica (eliminazione delle borse di studio, collaborazioni e altre forme dai progetti di ricerca), dall’altro genera un ampio bacino di precariato, composto dai Ricercatori a tempo determinato e dagli Assegnisti di ricerca.
E’ facile prevedere che queste categorie andranno incontro a difficoltà di ogni sorta e sarebbe miope non prevedere, in Statuto, una rappresentanza di figure che ancora non ci sono. A questo si potrebbe ovviare riservando una quota obbligatoria di Ricercatori a Tempo Determinato all’interno della rappresentanza del personale docente.
Inoltre, se la quota docenti fosse mantenuta a 24, diventerebbe possibile rappresentare i Dottori di ricerca (in accordo con gli studenti) e, con modalità ad hoc, gli Assegnisti di ricerca.
- Gli studenti
La normativa assegna agli studenti una percentuale non inferiore al 15%, il che significherebbe 6 componenti nel nuovo SA (il 15% è pari a 5,25, da arrotondarsi per eccesso). Una diversa interpretazione porterebbe a calcolare la percentuale sul totale dei componenti di Senato e Consiglio (35 + 11 = 46, il 15% è pari a 6,9 arrotondati a 7). In tal caso 5 Senatori e 2 Consiglieri di Amministrazione potrebbero essere attribuiti alla componente studentesca. Si tratterebbe, in ogni caso, di una quota inferiore rispetto a quella loro riservata dal senato precedente.
Restano da commentare le altre due delibere approvate dal Senato:
- La rappresentanza per area
E’ probabile che la rappresentanza per area sia più equilibrata, rispetto all’inserimento in Senato di tutti i direttori di dipartimento. Occorrerà tornare, tuttavia, sul numero delle aree: la commissione Statuto sembrerebbe orientata ad una riorganizzazione per macroaree , mentre la proposta del Rettore era riferita a 16 aree. Il problema del numero di aree è la tendenza a diventare portatrici di interessi particolari, “condominiali”, che può accentuarsi al crescere del numero delle aree individuate.
Il numero di Ricercatori a tempo indeterminato e a tempo determinato in Senato è collegato alle modalità attraverso le quali sarà applicato il principio della rappresentanza per area.
- Le commissione istruttorie permanenti allargate
Il Senato ha approvato l’inserimento in Statuto di commissioni istruttorie permanenti nelle quali siano inseriti membri aggiuntivi da affiancare ai Senatori, in modo da ampliare la rappresentatività e la base di consultazione.
In linea di principio si può essere d’accordo, perché il potere istruttorio ha la sua importanza e perché si avrebbe modo di sentire tutte le voci prima dell’adozione di un provvedimento.
E’ stato rilevato, tuttavia, che i numeri eccessivi porterebbero a commissioni pletoriche (si parla di 35/40 membri per commissione) e che potrebbero venirsi a creare contrasti fra le commissioni che propongono e il senato che vota. Aggiungiamo che questa soluzione, pur positiva, potrebbe riproporre all’interno del Senato quella forma di paternalismo di cui abbiamo parlato, cioè una situazione nella quale molti vengono sentiti, lasciando a pochi “oligarchi” le decisioni su ciò che conta davvero. Per rimediare, almeno in parte, pare opportuno che i poteri delle commissioni permanenti siano chiaramente definiti e rafforzati.
In conclusione, ci auguriamo che, in futuro, le proposte di delibera siano portate all’attenzione del Senato quando si è giunti al termine della discussione in Commissione, senza la forzatura alla quale abbiamo assistito e che non vorremmo che si ripetesse.
Auspichiamo, inoltre, che non si riproponga di far crescere la quota docente oltre il limite di 24 all’interno del Senato Accademico, se si vuole costituire un organo rappresentativo in cui tutti possano riconoscersi, nonostante i vistosi limiti posti dalla legge 240/2010.
Se ciò non avverrà, organizzeremo presidi e mobilitazioni del personale Tecnico-Amministrativo, dei precari della ricerca e di tutti coloro che dissentono da questa impostazione.
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E’ la conseguenza della volontà di imporre uno statuto non condiviso
Il 28, 29 e 30 giugno sono stati chiamati al voto per via elettronica tutti i docenti, i ricercatori, gli assegnisti, i tecnici e gli amministrativi dell’Università di Bologna per una consultazione referendaria sul nuovo statuto di ateneo, promossa e autogestita dall’Intersindacale universitaria (RSU unitaria Bologna, CISL Università, CNU, FLC CGIL, SUN Universitas News, UIL RUA, “Docenti preoccupati”, ConPAss).
4 i quesiti sui quali sono stati invitati ad esprimersi quanti lavorano per uno dei più grandi e complessi atenei italiani, ovvero 4 punti ritenuti essenziali per la democrazia e radicalmente alternativi alla proposta di Statuto prodotta dal Rettore e dalla sua Commissione:
* elettività e rappresentanza paritetica (di genere, di fascia, di ogni componente universitaria) in tutti gli organi collegiali, compreso il CdA;
* eletti e non designati dal Rettore i direttori di dipartimento, i presidi di facoltà, i coordinatori di campus;
* un’adeguata pesatura del voto del personale tecnico amministrativo per l’elezione del rettore;
* la possibilità per il senato di revocare la fiducia ai membri del CdA da questo designati.
Si è arrivati a questa inedita iniziativa di consultazione perché la discussione sullo Statuto è stata approssimativa e di facciata e il Rettore intende continuare per la sua strada, nonostante l’invito giunto da più parti – compresi i segretari confederali di CGIL, CISL e UIL – a darsi più tempo e ad evitare lacerazioni. Il risultato, dopo oltre un anno di lavoro di una Commissione Statuto nominata, è una bozza carente e autoritaria, che verrà esposta nella sua versione completa e definitiva pochi giorni prima della scadenza dei termini per la sua approvazione.
La riforma Gelmini è stata utilizzata come una clava per produrre un documento dirigista e illiberale che spacca la comunità universitaria e disegna un’Istituzione ben diversa rispetto a quella, forse imperfetta ma libera e aperta, che abbiamo conosciuto sia come lavoratori sia come cittadini. E questo in una fase di estrema difficoltà e di inedita riorganizzazione dell’Università che richiederebbe, al contrario, la più ampia diffusione della responsabilità per rispondere adeguatamente alle sfide del futuro.
Un braccio di ferro contrario allo spirito dei tempi: il referendum per dire che i principi della democrazia non sono disponibili e che si difendono collettivamente.
ECCO COM’E’ ANDATA
(tratto da “il fatto quotidiano: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/01/universita-in-2000-bocciano-lo-statuto/134491/)
Università, duemila dipendenti bocciano lo Statuto proposto dal rettore Dionigi
Un risultato che va oltre ogni previsione e che boccia in parte la gestione dell'ateneo più antico del mondo occidentale e un regolamento che i sindacati giudicano "carente e autoritario"
Festeggiano gli organizzatori del referendum interno all’Università di Bologna, promosso per chiedere alcune modifiche della bozza del nuovo statuto proposta dal rettore Ivano Dionigi. I risultati sono andati oltre le loro previsioni, che stimavano la partecipazione di 2000 elettori, portando sul tavolo 2256 voti. “Siamo molto soddisfatti – ha detto Maurizio Matteuzzi, del gruppo dei Docenti preoccupati – è un esito che supera le nostre migliori aspettative”. Non manca però qualche malumore tra alcuni tecnici informatici interni all’Ateneo, per i quali il sistema di voto “presentava diverse falle”.
Secondo il calcolo diffuso dall’Intersindacale d’Ateneo che ha lanciato l’iniziativa, la quasi totalità dei votanti si è espressa a favore di tutte e quattro le proposte presentate nel referendum. Sì all’elezione democratica di tutti i membri degli organi collegiali (compreso il Cda); sì all’elezione dei direttori di dipartimento e dei presidi delle facoltà; sì alla possibilità di sfiduciare il Cda da parte del Senato; e infine sì all’assegnazione di un maggior peso al voto del personale tecnico e amministrativo nell’elezione del rettore.
“In una città che mostra di aver paura di dare la parola ai cittadini – fa sapere l’Intersindacale in una nota – l’Università di Bologna si rivela un mondo molto più libero, vitale e unito sui temi di fondo della democrazia e dell’autonomia”. Prima esperienza di questo tipo nel panorama universitario italiano, la consultazione ha chiamato al voto tutte le componenti della comunità accademica bolognese (professori, ricercatori, tecnici e amministrativi e precari), che hanno potuto esprimere la propria opinione dal 28 al 30 giungo, collegandosi al sito web o presentandosi in uno dei banchetti allestiti in via Zamboni. “Si è arrivati a questa inedita iniziativa – fa sapere in un comunicato la Flc Cgil – perché la discussione sullo statuto è stata approssimativa e perché il rettore intende continuare per la sua strada, nonostante l’invito giunto da più parti a darsi più tempo e a evitare lacerazioni. Il risultato, dopo oltre un anno di lavoro della Commissione statuto, è una bozza carente e autoritaria, che sarà esposta nella sua versione completa e definitiva pochi giorni prima della scadenza per la sua approvazione”.
I dati definitivi sono arrivati al termine di un controllo che ha portato a escludere una quarantina di voti. “Ci sono stati diversi tentativi di infiltrazione – spiega Matteuzzi – che hanno portato voti fasulli, automaticamente scartati”. Sul sito si poteva accedere solo inserendo un indirizzo presente nella rubrica dell’Ateneo, ma per rendere effettiva la preferenza era necessario mandare una conferma dalla propria email Unibo. Non sono state prese in considerazione, quindi, tutte le conferme arrivate da altri indirizzi di posta elettronica.
Un meccanismo di voto che però non è piaciuto ad alcuni tecnici informatici dell’Università, secondo i quali il sito web usato per raccogliere le preferenze poteva essere fatto in modo da garantire una maggiore sicurezza e il completo anonimato degli elettori. “Uno degli errori principali è stato quello di aver usato una sessione http invece che https – spiega un lavoratore dell’Alma Mater che preferisce mantenere l’anonimato – tutto il traffico girava su un sistema in chiaro, facilmente penetrabile. Questo vuol dire che attraverso programmi reperibili su internet, si poteva accedere all’identità dei votanti e alterare i risultati. Non metto in dubbio le buone intenzioni di chi ha organizzato la consultazione e l’onestà di chi ha votato – ci tiene a sottolineare – ma per una questione così importante si poteva realizzare un sistema più serio”.
Intanto, alcune modifiche alla bozza dello statuto sono già arrivate. “Il Rettore – si legge nel comunicato dell’Intersindacale – ha convenuto che sia necessario eleggere e non nominare i direttori, i presidenti di facoltà e i coordinatori di campus, argomento oggetto del nostro secondo quesito. Ciò che ancora attende risposte è la realizzazione della democrazia rappresentativa negli organi di governo del nostro Ateneo”.
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Per questo motivo vi invitiamo a firmare l’importante PETIZIONE on line, già firmata da oltre 700 persone a partire dal pomeriggio del 5 luglio c.m., all’indirizzo:
http://www.petitiononline.com/statUnit/petition.html
La petizione è stata proposta e sostenuta congiuntamente:
- dal Gruppo di Lavoro a sostegno delle commissarie TA in Commissione Statuto,
- dal Coordinamento Ricercatori Unito - Rete29Aprile di Torino
- dalle R.S.U.
- dalle Organizzazioni sindacali FLC CGIL, CISL e UIL RUA
- dagli Studenti Indipendenti
- dalle Commissarie rappresentanti del Personale TA in Commissione Statuto,
- da rappresentanti del Personale TA in Senato Accademico e in Consiglio di Amministrazione
Il giorno 11 luglio 2011, lunedì prossimo, SARA’ UN’OTTIMA OCCASIONE PER LA CONSEGNA DELLA PETIZIONE AL SENATO ACCADEMICO CHE DOVRA’ APPROVARLA, FATTA DI PERSONA DA TUTTO IL PERSONALE TECNICO AMMINISTRATIVO, DAGLI STUDENTI, DAI RICERCATORI E DA TUTTI COLORO CHE SONO INTERESSATI A DIFENDERE I VALORI DELLA CONDIVISIONE E DELLA PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA NEGLI ATENEI.
I motivi che hanno condotto alla petizione:
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
Il Consiglio di Amministrazione è l’organo al quale la legge n. 240/10 attribuisce i poteri maggiori. La legge prevede che esso debba essere composto da non più di 11 membri, compreso il Rettore, almeno 3 dei quali esterni all’Ateneo. Vi è una rappresentanza di 2 studenti obbligatoria per legge. Con questi vincoli, sono di fondamentale importanza il numero e le modalità di scelta dei componenti esterni e la possibilità di eleggere i componenti interni.
La petizione chiede che i 5 componenti interni, 1 dei quali in rappresentanza del personale TA, siano eletti a suffragio universale, contro la proposta della maggioranza della Commissione che vuole che tutti i componenti del Consiglio, interni ed esterni, siano scelti discrezionalmente dal Senato Accademico, che si vorrebbe composto cosi:
SENATO ACCADEMICO
La legge n. 240/10 impone un numero massimo di 35 componenti (l’attuale SA ne ha 42), con un minimo di 24 docenti, 8 dei quali Direttori di Dipartimento.
Il problema è che i professori ordinari non intendono rinunciare all’attuale criterio di rappresentanza per area scientifica di appartenenza, in base a una proposta che vorrebbe imporre 26 docenti, per poter garantire più rappresentanti alle aree più numerose (che sono le 16 tradizionali, che non sono nemmeno tutte le aree individuabili). Il meccanismo delle aree porterebbe, quasi certamente, a un Senato costituito da una maggioranza di professori ordinari, in buona parte direttori di dipartimento-
Il numero di 26 docenti schiaccia le altre componenti: si vorrebbe ridurre a 3 (cioè l’8,6% del SA) i rappresentanti del personale Tecnico e amministrativo, che pure costituiscono quasi la metà del personale di ruolo in Ateneo, e a 5 il numero di studenti che, per legge, non devono essere meno del 15%, cioè 6!
Attraverso la petizione si propone di limitare a 24 il numero di docenti, per garantire 4 TA e 6 studenti. Si chiede di abbandonare le 16 aree, a favore di 4 macroaree che consentano modalità di rappresentanza più trasversali e meno direttamente collegate a interessi particolari.
La composizione del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione condizionerà pesantemente tutta la vita futura dell’Ateneo.
Per quanto riguarda il Personale Tecnico e Amministrativo, le conseguenze si sentiranno a partire dal NUOVO MODELLO ORGANIZZATIVO, che, come è noto, vorrebbe centralizzare fortemente l’organizzazione del lavoro in Ateneo, in modo molto più marcato di ciò che la legge n. 240/10 impone con la riduzione del numero di dipartimenti e con l’abolizione delle facoltà, imponendo la fuoriuscita di gran parte del personale dai dipartimenti, dalle facoltà e dalle biblioteche. Tutto il personale Tecnico e Amministrativo, sia che lavori nei dipartimenti, nelle facoltà e nelle biblioteche, sia che lavori in amministrazione centrale, ha motivo di preoccuparsi e di chiedere il massimo della partecipazione possibile alla riorganizzazione del lavoro in Ateneo.
Ne va del nostro futuro!
FIRMIAMO TUTTI LA PETIZIONE PER UNO STATUTO DEMOCRATICO E RAPPRESENTATIVO, NONOSTANTE LA LEGGE!
FLC CGIL TORINO
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La Commissione Statuto è in procinto di concludere i lavori. A breve il documento che regolerà la vita dell’Ateneo nei prossimi anni sarà sottoposta agli Organi di Governo per l’approvazione definitiva.
Abbiamo sostenuto attivamente l’ampio movimento contrario all’approvazione della riforma universitaria, anche con lo sciopero del 17 novembre 2010 al quale hanno aderito docenti e ricercatori dell’Ateneo, convinti della necessità di difendere l’idea stessa di una università pubblica, di qualità e accessibile a tutti, la libertà di ricerca e di insegnamento, il diritto allo studio. A riforma approvata, siamo stati attivi in tutti gli atenei italiani per limitarne gli effetti negativi, a cominciare dal progetto di governance ispirato ad una logica verticistica ed aziendalistica, che rischia di concretizzarsi nei modi peggiori per l’azione di gruppi di potere interessati agli strumenti che la legge n. 240/10 mette loro a disposizione.
Ora, come vi è noto, all’interno della Commissione statuto di Ateneo si è creata una grave spaccatura su alcuni punti nevralgici, legati alla composizione del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione.
Nella difficile condizione che stiamo vivendo, ci pare necessario evitare che il nuovo statuto venga imposto a colpi di maggioranza, quando occorrerebbe favorire la formazione del più ampio consenso possibile sulle nuove regole.
SENATO ACCADEMICO
L’imposizione di un numero massimo di 35 componenti di Senatori da parte della l. n. 240/11, con un minimo di 24 docenti, 8 dei quali Direttori di Dipartimento, crea serie difficoltà nel mantenere l’attuale criterio di rappresentanza per area scientifica di appartenenza, che prevede, secondo la proposta del Rettore, 26 docenti provenienti dalle 16 aree tradizionalmente individuate, con una rappresentanza approssimativamente proporzionale al numero di docenti per area. Il problema è che il numero di 26 docenti schiaccerebbe le altre componenti, ossia gli studenti e il personale tecnico-amministrativo, ed esclude completamente altre figure, come i dottorandi o gli assegnisti di ricerca.
La rappresentanza per area porterebbe, probabilmente, a un Senato composto in prevalenza da Direttori di Dipartimento, tutti docenti ordinari, in analogia con l’attuale presenza in Senato di tutti i Presidi di Facoltà. Tale presenza sarebbe auspicabile se il numero di Dipartimenti fosse limitato, come avviene negli atenei di minori dimensioni. In un Ateneo di grandi dimensioni come il nostro, l’inserimento di tutti i Direttori porterebbe inevitabilmente a un Senato privo di una rappresentanza adeguata per i Professori Associati, i Ricercatori a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato, gli Studenti, il personale tecnico-amministrativo e altre figure.
Sono queste le ragioni che ci spingono a sostenere una modalità di rappresentanza più trasversale e meno direttamente collegata alle singole aree, che il criterio delle 4 macroaree sembra raffigurare al meglio. Si tratterebbe di una modalità flessibile e passibile di adeguamenti a imprevedibili esigenze future in sede regolamentare, che la rigidità del criterio delle 16 aree non consentirebbe.
Il nostro statuto si porrebbe così in una posizione innovativa nel panorama degli atenei italiani, come il Rettore stesso ha più volte auspicato.
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
Il Consiglio di Amministrazione è l’organo al quale la legge n. 240/10 attribuisce i poteri maggiori. La legge prevede che esso debba essere composto da non più di 11 membri, compreso il Rettore, almeno 3 dei quali esterni all’Ateneo. Vi è una rappresentanza di 2 studenti obbligatoria per legge. Con questi vincoli, sono di fondamentale importanza il numero e le modalità di scelta dei componenti esterni e la possibilità di eleggere i componenti interni.
Proprio per l’ampio potere che gli viene conferito, riteniamo necessario che la presenza di esterni sia limitata al minimo di legge e che i componenti interni godano della più ampia legittimazione possibile. Chiediamo pertanto che i componenti interni siano 5, che rappresentino tutte le componenti e che siano eletti a suffragio universale, lasciando al Senato Accademico il compito di scegliere i componenti esterni.
Sono queste le ragioni per le quali invitiamo i Docenti e i Ricercatori a firmare l’importante PETIZIONE on line all’indirizzo:
http://www.petitiononline.com/statUnit/petition.html
La petizione è stata proposta e sostenuta congiuntamente:
- dal Coordinamento Ricercatori Unito - Rete29Aprile di Torino
- dagli Studenti Indipendenti
- dal Gruppo di Lavoro a sostegno delle commissarie TA in Commissione Statuto,
- dalle R.S.U.
- dalle Organizzazioni sindacali FLC CGIL, CISL e UIL RUA
- dalle Commissarie rappresentanti del Personale TA in Commissione Statuto,
- da Rappresentanti del Personale TA in Senato Accademico e in Consiglio di Amministrazione
Oltre a quanto evidenziato, riteniamo auspicabile che il nuovo statuto sia approvato e fatto proprio dalla comunità accademica, sull’esempio del Politecnico di Torino, che sottoporrà a referendum il proprio statuto. In ogni caso,la FLC CGIL si farà promotrice di una iniziativa referendaria, come è stato fatto all’Università di Bologna e insieme a tutti i soggetti che hanno patrocinato la petizione, qualora non si dovesse giungere a una sufficiente livello di rappresentatività e di democraticità nella composizione del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione.
Torino, 7 luglio 2011
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Il prossimo lunedì 11 luglio 2011 (ore 9 – 13) la FLC CGIL terrà un presidio presso il Rettorato dell’Università degli Studi di Torino, via Po, 17, insieme alle altre Organizzazioni sindacali, alle Rappresentanze Sindacali Unitarie di Ateneo (RSU), al Coordinamento Ricercatori Unito - Rete29Aprile di Torino e agli Studenti Indipendenti.
Come è noto, la riforma “Gelmini” (la l. n. 240/10) ha previsto la riforma degli Statuti delle Università, da concludersi entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, cioè entro il 29 luglio 2011. Sono previsti eventuali ulteriori tre mesi, ma è una prospettiva che l’Ateneo sta cercando di evitare.
L’anno scorso abbiamo sostenuto attivamente l’ampio movimento contrario all’approvazione della riforma universitaria, convinti della necessità di difendere l’idea stessa di una università pubblica, di qualità e accessibile a tutti, la libertà di ricerca e di insegnamento, il diritto allo studio. A riforma approvata, siamo stati attivi per limitarne gli effetti negativi, a cominciare dal progetto di governance, ispirato ad una logica verticistica ed aziendalistica, che rischia di concretizzarsi nei modi peggiori, per l’azione di gruppi di potere interessati agli strumenti che la legge n. 240/10 mette loro a disposizione.
Abbiamo sostenuto il movimento che chiedeva che la Commissione Statuto fosse composta su base elettiva, istanza negata dal Rettore, che ha inteso imporre le sue modalità. Le conseguenze stanno emergendo con prepotenza nelle ultime settimane, a danno di coloro che si ritrovano in posizione minoritaria in Commissione, pur costituendo l’ampia maggioranza in Ateneo. Si è creata una spaccatura su alcuni punti nevralgici, legati soprattutto, ma non solo, alla composizione del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione.
A questa difficoltà, si aggiunge il fatto che i lavori si stanno svolgendo senza la dovuta trasparenza: i verbali delle riunioni della Commissione non vengono più pubblicati da tempo e lo Staff incaricato di comporre gli articolati produce bozze di statuto piene di refusi, di strane dimenticanze e anche di cancellazioni di norme inserite dopo faticose mediazioni, ma che, probabilmente, non sono gradite ai vertici.
Per quanto riguarda il Senato Accademico, il Rettore vorrebbe imporre 26 docenti su 35 componenti (numero massimo di legge), superando così il numero minimo di 24 docenti (un terzo dei quali Direttori di Dipartimento) che la legge richiede. La conseguenza è che saranno compresse in maniera eccessiva le rappresentanze delle altre componenti, ossia quella degli studenti (5, commettendo un’illegalità, perché il criterio di legge sancisce che siano 6) e del personale tecnico-amministrativo (da 4 scendono a 3, e si tratta di quasi la metà del personale di ruolo dell’Ateneo). Il numero di 26 è legato al tentativo di mantenere il criterio di rappresentanza per area, troppo rigido nel nuovo contesto, e alla volontà occulta di portare tutti i direttori di dipartimento in Senato (solo professori ordinari). Poco spazio, quindi, per i professori associati e per i ricercatori, per tacere di figure neppure prese in considerazione, cioè i ricercatori a tempo determinato istituiti dalla legge, i dottorandi, gli assegnisti di ricerca, i borsisti, ecc. La controproposta della minoranza (ricercatori, studenti, tecnici-amministrativi) è una composizione di 24 docenti più il rettore, 6 studenti e 4 tecniciamministrativi, con un meccanismo elettivo basato su quattro macroaree.
Passando al Consiglio di Amministrazione, organo al quale sono attribuiti i poteri maggiori, la legge prevede che esso debba essere composto da non più di 11 membri, compreso il Rettore, almeno 3 dei quali esterni all’Ateneo e 2 rappresentanti degli studenti.
Sotto questi vincoli, il numero e le modalità di scelta dei componenti esterni e la possibilità di eleggere i componenti interni assumono un’importanza fondamentale. La maggioranza della Commissione vorrebbe che tutti i componenti del Consiglio, interni ed esterni, fossero scelti discrezionalmente dal Senato Accademico, mentre la proposta di minoranza propende per l’elezione a suffragio universale dei 5 componenti interni “liberi”, con candidature poste in rappresentanza di tutte le categorie di personale.
La FLC CGIL, insieme agli studenti, ai ricercatori, alle altre organizzazioni sindacali e ai rappresentanti del personale tecnico-amministrativo, ha aderito alla petizione on-line, già firmata da oltre 1000 persone, visibile all’indirizzo:
http://www.petitiononline.com/statUnit/petition.html
Il Politecnico di Torino sottoporrà il nuovo statuto ad un referendum interno, ma non sembra che l’esempio voglia essere seguito dall’Università, che si rivela molto più chiusa e “medievale” nel suo modo di operare.
Qualora non dovessero essere accolte le richieste di democraticità e di partecipazione, ampiamente condivise dal personale tecnico-amministrativo, dagli studenti e dai ricercatori, la FLC CGIL si farà promotrice di un referendum insieme a tutte le parti interessate, analogo a quello patrocinato presso l’Università di Bologna, che ha prodotto una sonora bocciatura con oltre 2000 voti.
Considerando la difficile situazione che l’intero sistema universitario italiano sta attraversando, ci pare quanto mai necessario che prevalga il buon senso: riteniamo che si debba evitare che il nuovo statuto venga imposto a colpi di maggioranza, quando andrebbe favorita la formazione del più ampio consenso possibile sulle nuove regole alle quali tutti dovranno attenersi nei prossimi anni.
Torino, 8 luglio 2011 FLC CGIL Torino
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