Dall’IC Tommaseo di Torino: il Consiglio d’Istituto, gli insegnanti del Collegio dei docenti, il personale non docente ed i rappresentanti dei genitori scrivono su “La Buona scuola”

“Siamo a un bivio cruciale ed epocale: si tratta di scegliere tra la scuola disegnata dalla Costituzione, accessibile a tutti ed inclusiva, e una “scuola azienda” dove le scelte didattiche e le relazioni educative saranno piegate principalmente a logiche produttive.Per questa ragione noi ribadiamo con forza che La nostra scuola è pubblica e va difesa proprio perché è di tutti.”
 
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A maggioranza: il Consiglio d’Istituto, gli insegnanti del Collegio dei docenti, il personale non docente ed i rappresentanti dei genitori dell’I.C. “TOMMASEO” di Torino, dopo aver attentamente letto e discusso il documento “La Buona Scuola” esprimono le seguenti riflessioni:
Il “Rapporto sulla scuola” presenta proposte che condividiamo perché riconosciamo come risposte fondamentali ad alcuni bisogni del sistema scolastico:
- forte investimento nell'edilizia scolastica;
- stabilizzazione del personale della scuola;
- formazione dell'organico funzionale per la risposta all'emergenza delle supplenze.
Inoltre dichiariamo di riconoscerci nei seguenti valori enunciati nel “Rapporto”: 
1) l’impegno a valorizzare le risorse di tutti
2) la convinzione di promuovere lo sviluppo della “Cultura” 
3) la scelta di investire sulla professionalità dei docenti
4) il valore dell’esperienza del docente
5) la realizzazione  di una didattica mirata alla costruzione di competenze
6) la valutazione non come giudizio positivo o negativo sull’allievo, ma come momento di riflessione sul percorso d’apprendimento
7) l’inclusione
8) la multiculturalità 
9) la partecipazione di tutti nel definire gli obiettivi della “mission” educativa.
Tuttavia sottolineiamo con forza la necessità di non dimenticare anche tre valori costituzionali per noi imprescindibili:
- la garanzia del diritto allo studio per tutti;
- il mantenimento di un sistema di istruzione pubblico e laico;
- la libertà d'insegnamento.
Rispetto a tali principi riteniamo che alcune idee d'intervento e proposte normative presentate nel Rapporto non siano coerenti.
In particolare:
1. l'idea della nuova “governance” della scuola che ci viene proposta, è esattamente l’opposto del modello cooperativo, democratico e solidale che, a nostro parere, deve essere alla base di una buona organizzazione del lavoro. Riteniamo inaccettabile l’idea di trasformare una divisione di funzioni, legate alla normale suddivisione del lavoro, in una sorta di gerarchia di ruoli sul modello delle vecchie organizzazioni aziendali
Citiamo dal testo del documento pag. 71:
(…. La governance interna della scuola va ripensata: collegialità non può più essere sinonimo di immobilismo, di veto, di impossibilità di decidere alcunché. Vanno ridisegnati al meglio gli organi collegiali della scuola, distinguendo tra potere di indirizzo e potere di gestione. Il Consiglio dell’Istituzione scolastica diventerà il titolare dell’indirizzo generale e strategico dell’Istituzione; il Collegio docenti avrà l’esclusiva della programmazione didattica; e il Dirigente scolastico sarà pienamente responsabile della gestione generale coadiuvato dal Direttore Servizi Generali e Amministrativi) 
2. il mancato riconoscimento della collegialità delle attività d'insegnamento e funzionali all'insegnamento che, a nostro parere,  ribadisce ulteriormente lo scollamento tra la docenza e le indispensabili attività di programmazione, formazione, aggiornamento in servizio e verifica; riproponendo il modello dell’orario cattedra come l’unico di lavoro effettivo. La figura dell’insegnante vista come “monade” della scuola è esattamente il contrario del nostro modello di riferimento, noi crediamo che solo attraverso la condivisione ed il confronto delle esperienze si possa migliorare quotidianamente l’offerta formativa. 
Citiamo dal testo del documento pag. 51:
(…la funzione docente si fonda sull’autonomia culturale e professionale e si sostanzia, oggi, in attività individuali
che comprendono sia le attività individuali di insegnamento
– da 18 ore a 25 a seconda del grado di istruzione
– sia le attività funzionali all’insegnamento e quelle
aggiuntive – deliberate dal collegio dei docenti nell’ambito
delle risorse disponibili e in coerenza con il Piano dell’offerta
formativa, POF), collegiali (che consistono nella definizione,
elaborazione e verifica degli aspetti pedagogico-didattici
del POF)
 
3. il mancato riferimento al Contratto Collettivo Nazionale, infatti a nostro parere è indispensabile che il lavoro dei docenti, dei tecnici amministrativi e dei collaboratori sia riconosciuto e valorizzato con un nuovo contratto nazionale collettivo che dia dignità alle nostre professioni. Dobbiamo essere inquadrati come lavoratori-professionisti e non come “missionari”. Il piano “La Buona Scuola” non fa alcun riferimento al rinnovo del contratto che, invece, è presentato come un meccanismo di rigidità e, quindi, negativo. A nostro parere, un’organizzazione concordata del lavoro permetterebbe una maggiore condivisione delle attività da svolgere e ridurrebbe la discrezionalità del dirigente scolastico. Noi crediamo che il dirigente scolastico debba essere il garante del progetto d’Istituto e non un manager, visto che la scuola pubblica non è un’impresa commerciale. Ribadiamo quindi l’importanza di un  contratto nazionale che tenga conto dei parametri stipendiali europei e dei reali carichi di lavoro degli insegnanti. Esso deve essere alla base della regolazione dei riconoscimenti professionali, delle progressioni stipendiali, accompagnato da una formazione permanente.
 
 
4. Linee guida del progetto per la valutazione degli insegnanti:
In merito alla proposta per la valutazione degli insegnanti, osserviamo che, a nostro parere, deve rispecchiare i risultati ottenuti nelle diverse realtà scolastiche e le modalità devono essere concordate dal Collegio dei Docenti, nel rispetto degli accordi contrattuali e della collegialità come componente imprescindibile del successo di ogni progetto formativo. Nella “Buona Scuola”, inoltre, non viene minimamente valorizzata l’esperienza di anni di insegnamento; gli insegnanti più anziani vengono definiti  “vecchi”, non esperti; salvo poi non concedere loro il diritto alla pensione perché antieconomico in un’ottica di riduzione dei costi. Noi riteniamo importante per l’attività di insegnamento un clima di collaborazione e di condivisione, e non di competizione e concorrenza fra docenti. Questo modus operandi porterebbe, secondo noi, a un peggioramento delle condizioni di lavoro e a un collasso del progetto pedagogico.
A nostro avviso, il contratto nazionale di lavoro deve regolare l’espressione del lavoro vivo di insegnamento, del potenziale educativo della soggettività; accompagnato da una formazione permanente e da riconoscimenti professionali retributivi. La scuola e i lavoratori che ne garantiscono l’attività quotidiana sono un elemento di emancipazione e di sviluppo sociale; senza il riconoscimento sociale degli insegnanti, anche la scuola subisce un degrado culturale inarrestabile.
5  Il mancato riconoscimento della specificità della professione docente che emerge, ad esempio, attraverso proposte come la “banca ore”: anziché introdurre il principio del conteggio del tempo a credito e a debito, propone il conteggio unilaterale a scapito del lavoratore. Ma anche attraverso l’assenza di riferimenti a un progetto di formazione adeguata alla professione docente. Riconosciamo l’importanza di una metodologia basata sulla ricerca-azione, sulla laboratorialità, sulla costruzione di significati comuni condivisi a favore di un apprendimento che rifiuta il primato nozionistico e interseca le conoscenze con la costruzione di categorie critiche. L’educazione deve sviluppare consapevolezza e una coscienza non autoritaria, in grado di muoversi nella complessità del presente. La metodologia ricerca-azione si alimenta di fiducia nei rapporti di lavoro e di collegialità, nella cornice di un’organizzazione del lavoro comune, alternativa al modello aziendalistico proposto dalla  seconda parte del documento della “Buona Scuola”. Riconosciamo nella ricerca-azione il tipo di formazione continua più efficace e adeguato alla professione docente. Una formazione in cui si facciano investimenti di risorse adeguati alla formazione di gruppi di lavoro guidati da professionisti qualificati.
6. L’assenza di adeguati interventi per rendere possibile una didattica inclusiva, che risponda alle esigenze didattiche degli alunni Bes e DSA, per la realizzazione della quale occorrono con urgenza rinforzi, in termini di risorse umane e di organizzazione. Noi chiediamo, a tal proposito, che per rendere possibile una didattica flessibile, inclusiva e capace di rispondere alle esigenze di tutti gli stili cognitivi degli alunni, il numero degli alunni per classe sia ridotto: in classi troppo numerose, viene penalizzata in primo luogo la didattica, e di conseguenza anche eventuali personalizzazioni dei programmi per alunni in difficoltà.
 
7. L’assenza di provvedimenti in favore degli assistenti amministrativi e dei collaboratori scolastici (personale ATA). 
Poco si dice del personale di segreteria, i cosiddetti AA (Assistenti Amministrativi) che in moltissimi casi non riescono a far fronte all’enorme carico di lavoro a causa dell’inadeguatezza numerica in pianta organica. A ciò si aggiunge il mancato coordinamento e l’inadeguatezza dei sistemi informatici incrociati tra Miur, Mef, Inps. Sistemi e piattaforme che andrebbero adeguate urgentemente visti i frequenti gravi disservizi che si creano a causa del malfunzionamento causando danni e disagi a carico del nostro personale amministrato e degli “utenti”.
Per quanto riguarda i collaboratori scolastici, abbiamo notato una stranissima omissione del riferimento a quel personale scolastico che svolge servizi indispensabili di sorveglianza, portierato, 
 
centralino e contatto con il pubblico, collaborazione alla didattica, pulizia e ripristino degli ambienti, accoglienza degli alunni e supporto agli alunni svantaggiati
8. L’inserimento nella scuola elementare di professori di arte, musica e tecnologia. 
Questa proposta rischia di trasformare la scuola primaria in una “brutta copia” della secondaria, senza alcun rispetto del progetto educativo, della specificità dell'infanzia e delle competenze necessarie ai docenti di questo ordine di scuola.
9.Relazione tra scuola dell’obbligo ed altri ordini di scuole
A nostro parere è importante una creazione di reti relazionali con gli altri attori ed enti di territorio, con l’Università, che nel documento è del tutto assente. Infatti mentre si affronta con accuratezza il tema degli Istituti professionali, non compare mai il tema del passaggio e della relazione tra scuola secondaria e scuola secondaria superiore e quest’ultima con l’Università. Eppure, ad esempio, la mancanza di laureati nelle materie scientifiche è un tema che viene dichiarato importante. E’ fondamentale investire sulla Scuola e sulla Ricerca affinché questo nostro Paese possa avere e darsi un futuro più roseo sotto ogni punto di vista.
E’ da rivedere la scelta dei confini della proposta del documento, focalizzata solo sulle scuole, ma senza considerare in una visione integrata il rapporto con altri ministeri e altre istituzioni. Invece, l’innovazione passa anche da qui. Dalla capacità di dare forza alla scuola come una delle principali infrastrutture del Paese, ma anche dalla consapevolezza che questa si esprime soltanto con la massima apertura e integrazione a livello di partecipazione e anche di indirizzo e programmazione.
10. La logica di mercato e del finanziamento privato come fonte primaria o, comunque, ingente, della scuola pubblica. Tale logica, a nostro parere, non può essere introdotta nella scuola poiché inconciliabile con la natura e le logiche dei processi educativi. La scuola pubblica deve essere finanziata dallo Stato, affinché agli studenti di ogni territorio e retroterra sociale, culturale ed economico possano godere in egual misura del diritto allo studio. I finanziamenti alla scuola privata, come da indicazioni della Costituzione, dovrebbero essere ormai già superati, da quando la rete scolastica pubblica ha coperto l'intero territorio nazionale. La scuola pubblica non è una merce che si offre al miglior offerente, cercando finanziamenti privati qua e là, ma un dovere dello Stato sancito dalla Costituzione.
Siamo a un bivio cruciale ed epocale: si tratta di scegliere tra la scuola disegnata dalla Costituzione, accessibile a tutti ed inclusiva, e una “scuola azienda” dove le scelte didattiche e le relazioni educative saranno piegate principalmente a logiche produttive
Per questa ragione noi ribadiamo con forza che La nostra scuola è pubblica e va difesa proprio perché è di tutti. 
A maggioranza: il Consiglio d’Istituto, gli insegnanti del Collegio dei docenti, il personale non docente ed i rappresentanti dei genitori dell’I.C. “TOMMASEO” di Torino